Mattia Moreni: Gli oggetti le cose pensano in silenzio

21 Febbraio - 27 Luglio 2025

Inserendosi perfettamente nel tema della 19. Mostra Internazionale di Architettura incentrato sui diversi tipi di intelligenza, tra cui quella artificiale, l'arte visionaria, anticonformista, impetuosa e vulcanica di Mattia Moreni arriva ad ACP - Palazzo Franchetti by Fondazione Calarota, negli affascinanti spazi del Secondo Piano Nobile, con una grande mostra a cura di Roberta Perazzini Calarota composta da una selezione di più di 30 opere, molte delle quali di grande formato. I dipinti in mostra ripercorrono l'instancabile ricerca dell'artista, a partire dalle sperimentazioni di stampo cubista degli anni Cinquanta, passando per la grande stagione Informale e le caratteristiche “Angurie”, ciclo con cui si presenta nella sala personale a La Biennale di Venezia che gli viene dedicata nel 1972, per poi concentrasi con un esteso approfondimento sull'ultima fase della sua produzione, dedicata agli "Umanoidi”. E' con queste opere che l'artista, già a partire dagli Anni Ottanta, porta avanti con grande lucidità e intuizione una riflessione sull'impatto della tecnologia e dell'informatica - denominata elettronica con il linguaggio dell'epoca - nella nostra quotidianità e nella pratica artistica, che non solo anticipa l'attuale dibattito sull'intelligenza artificiale, ma rende anche la sua opera la prima a confronto con l'innovazione dei giorni nostri. Un ciclo che consacra Moreni come un autentico precursore, che ha saputo capire con grande anticipo la direzione, non affatto scontata all'epoca, in cui la nostra società si sarebbe mossa a gran velocità nei decenni successivi.

"Lontano dagli inutili accademismi che aspettano al varco anche i più audaci, Moreni vive intensamente, totalmente, quella che è, per lui, l'avventura pittorica; e mai il termine d'avventura fu più pertinente. La sua opera interroga, e si pone così a un effettivo cimento, al solo livello possibile dell'attuale condizione umana." (Michel Tapié, cat. XXX Biennale Internazionale di Venezia 1960, p. 103).
 
La mostra ad ACP - Palazzo Franchetti evidenzia alcuni degli snodi fondamentali di questa "avventura", offrendo l'occasione di ammirare capolavori indiscussi della produzione dell'artista come A tutti i maldestri del mondo: Amitié (1960), presentata proprio alla Biennale di Venezia di quell'anno di cui scrive Tapié nella citazione sopra riportata, e primo dipinto in cui compare nella composizione pittorica una parola scritta. Inizia da qui la pratica, così tipica di Moreni, di unire alla pittura la scrittura di parole direttamente sulla tela per suggerire con ancora più forza e suggestione le sue acute riflessioni. 
Da questo percorso emerge l'attualità della ricerca di Moreni. "Gli oggetti le cose pensano in silenzio" non è un virgolettato tratto da un testo sull'intelligenza artificiale scritto in questi ultimi anni ma è il titolo di uno dei capitoli che compongono "L'assurdo Razionale perchè necessario", il secondo volume contenente i monologhi dell'artista pubblicato nel 1989 e che fa seguito alla raccolta "L'ignoranza fluida" del 1979. La mostra dedica molta attenzione all'ultima fase della produzione dell'artista incentrato sul tema della decadenza della società contemporanea, su cui riflette già a partire dal ciclo delle Angurie, declinato sia come regressione della specie nella dialettica uomo-computer, che come regressione della pittura stessa. L'artista si fa portavoce di una delle più consapevoli ed esplicite denunce su un incombente destino "regressito" e sulle minacce che avrebbe portato con sé la civiltà computerizzata, da cui anche l'arte non sarebbe rimasta immune. Nel dipinto Umanoide tutto computer via internet.. (1996) si legge infatti: l'elettronica in avanzata / ci impedirà di riconoscere / i detti artisti che lavoreranno / con computer con un'altra mente per / un altro guardare: la rivoluzione / della vita senza idealità. PERCHE / ? Riflessioni davvero attualissime, capaci di farci leggere il nostro presente e la nostra quotidianità dal punto di vista privilegiato di un artista che ha dimostrato avere antenne finissime per interpretare la portata storica della rivoluzione che ai suoi anni era solo agli albori.
 
Mattia Moreni nasce a Pavia il 12 novembre 1920. Si forma all'Accademia Albertina di Torino, ed è nel capoluogo piemontese che viene organizzata la sua prima personale alla Galleria La Bussola nel 1946. La mostra inaugura una fortunata vicenda espositiva, che si sviluppa a livello nazionale già negli anni immediatamente successivi. Nel 1948 l'artista partecipa sia alla Quadriennale di Roma, sia alla Biennale di Venezia, dove tornerà ad esporre più volte nel corso della sua carriera. Tra l'inizio degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta, si gioca l'avventura della definitiva affermazione internazionale di Moreni. Cruciale è la sua adesione, nel 1952, al Gruppo degli Otto, di cui fanno parte anche Afro, Renato Birolli, Antonio Corpora, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato ed Emilio Vedova. Assieme a loro prende parte alla Biennale di quello stesso anno, e poi alla mostra itinerante del 1953, organizzata dal teorico del gruppo Lionello Venturi, che tocca Hannover, Colonia e Berlino. Parallelamente, prosegue con successo la sua attività espositiva individuale, partecipando a importanti rassegne internazionali, come la Biennale di San Paolo del Brasile (1954) e Documenta a Kassel (1955). Riceve in questi anni anche numerosi riconoscimenti, quali la medaglia d'oro del Consiglio provinciale di Milano nell'ambito del IX premio Lissone (1953), il premio Perugina alla Biennale di Venezia, il premio Golfo della Spezia e il premio Città di Spoleto (1954). Seguendo il consiglio di Michel Tapié, nel 1956 si trasferisce a Parigi e vi rimane per un decennio. È qui che Tapié lo invita ad esporre assieme agli artisti Informels - tra cui Burri, De Kooning, Dubuffet, Fautrier, Pollock e Tobey - e poi a presentare la sua prima personale parigina, nel 1957. Le sue mostre personali si susseguono per tutto il decennio, sia in Italia - Milano (1961); Torino, Genova, Bologna, Roma (1962) - che all'estero - Londra, Parigi (1960), Colonia (1961), Basilea (1962), Vienna (1963). Particolarmente importante è la prima antologica al Kunstverein di Amburgo (1964). Chiusa la parentesi parigina, Moreni si stabilisce con la moglie alle "Calbane Vecchie", nei pressi del comune romagnolo di Brisighella, scegliendo di isolarsi dai rapporti formali e dal mondo artistico, ma continuando un'intensa produzione di opere. E' in questo luogo, all'artista così caro, che Moreni si spegne il 29 maggio 1999.