Un nuovo palazzo dell'arte
Compare in milioni di fotografie scattate da altrettanti turisti che attraversano il ponte dell'Accademia verso Dorsoduro e rimangono rapiti da uno dei panorami più belli di Venezia. Il Canal Grande, la Fondazione Guggenheim e, sullo sfondo, la cupola della Basilica di Santa Maria della Salute. Ma in primo piano c'è quasi sempre Palazzo Cavalli Franchetti, esempio di architettura tardogotica e neogotica affacciato sul canale e incredibilmente circondato da un parco. “La posizione è davvero invidiabile e contiamo di valorizzare e aprire il palazzo al pubblico il più possibile, attraverso l'arte e la cultura”, racconta Franco Calarota, membro del comitato scientifico di Art Capital Partners che lo ha preso in gestione dall'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.
La storia dell'edificio è la storia di alcune delle famiglie più importanti di Venezia. Per primi i Marcello, che ne avviarono la costruzione a metà Quattrocento, poi i Gussoni e i Cavalli che si spartirono piani e annessi nel Cinquecento. Ma fu dopo “l'estinzione” delle due famiglie che quello che allora veniva comunemente chiamato “il Cavalli” fu ceduto, nel 1847, al giovane arciduca Federico d'Austria che riunificò le diverse proprietà e fece partire una serie di lavori di ammodernamento (illuminazione a gas, riscaldamento, acqua corrente) poco prima di morire a soli 27 anni. In quel momento ad acquistare il palazzo fu il conte di Chambord (anche noto come Henri-Charles-Ferdinand-Marie-Dieudonné d'Artois). Il conte assoldò l'architetto Giambattista Meduna che lo riprogettò come lo conosciamo ora. Ma la storia, quella con la S maiuscola, aveva ancora delle carte da giocare: quando il Veneto fu annesso all'Italia nel 1866 Chambord fu costretto a tornare in Francia e svendere tutte le sue proprietà. Gli acquirenti furono il barone Raimondo Franchetti e la giovane moglie Sarah Luisa de Rothschild che entrarono in possesso del palazzo nel 1878 dopo estenuanti trattative. Per gli appassionati di quotazioni immobiliari d'epoca il prezzo fu concordato per 200mila lire da versare in piccolo taglio, circa un milione di euro oggi, un affare. Franchetti ingaggiò Camillo Boito per la ristrutturazione in stile neogotico che incluse la costruzione dello scalone d'onore ma, alla morte del barone, la vedova Rothschild decise di cedere tutto l'edificio all'Istituto federale di credito per il Risorgimento delle Venezie (un colpo basso per i complottisti) che intervenne nuovamente per rendere funzionale la sede.
“Il passato di questo palazzo è complesso e affascinante, ma a noi interessa il suo futuro”, Calarota ha come obiettivo quello di trasformare questo edificio in una sede espositiva di altissimo livello che si inserisca nel circuito culturale veneziano insieme a Palazzo Grassi, alle fondazioni Guggenheim e Cini: “Grazie a un comitato scientifico ristretto vogliamo collaborare con importanti istituzioni internazionali per proporre mostre importanti come quella che inaugura il 10 maggio Jean Dubuffet e Venezia organizzata con il supporto della Fondation Dubuffet di Parigi. Non si tratta di una retrospettiva, ma del racconto di due grandi mostre che l'artista fece in città. La prima a Palazzo Grassi, nel 1964, quando propose il ciclo de L'Hourloupe, e la seconda nel 1984 quando realizzò il padiglione francese della Biennale”. Un centinaio di opere esposte, alcune delle quali sculture collocate nel giardino, raro spazio verde a Venezia che diventa così protagonista nel nuovo processo di valorizzazione del Cavalli Franchetti. Calarota ci tiene a sottolineare che l'evento dedicato a Dubuffet non è un unicum che sbarca in città in occasione della Biennale d'arte: “Stiamo già lavorando sulla mostra successiva che avrà come protagonisti Giorgio Morandi e Mark Rothko”.
Il nuovo punto di riferimento per l'arte avrà un calendario di almeno due mostre all'anno per diventare un polo culturale in un contesto completamente rinnovato proprio per accogliere al meglio le opere. In più si propone anche di essere un luogo da vivere grazie al meraviglioso giardino e alla caffetteria ristorante affacciata su Campo Santo Stefano aperta tutto l'anno, anche la sera. “Vogliamo che Palazzo Cavalli Franchetti non sia solo il bellissimo soggetto più o meno volontario di una foto souvenir, ma che diventi una tappa imprescindibile per chi vuole vedere mostre di qualità e vivere un pezzo di storia veneziana, anche dall'interno”, conclude Calarota. La prospettiva sul ponte dell'Accademia può finalmente trovare una nuova, originale, inquadratura.