Non era bella Lee Miller, era bellissima. Era così bella che quando Condé Nast - il celebre editore americano, quello di Vogue e di Vanity Fair - la soccorre per caso dopo un incidente d'auto per le strade di New York, impiega pochissimi minuti per offrirle un lavoro da modella. Ancora oggi, guardare i suoi ritratti è come una vertigine. Eccola, invece davanti alla macchina fotografica di Man Ray: profilo perfetto, eleganza sublime.
Man Ray, Lee Miller, 1930 circa© Man Ray 2015 Trust / ADAGP - SIAE - 2022 ; images : Telimage, Paris
Adesso va spiegato come Elisabeth "Lee" Miller, icona di stile degli anni Venti, star delle copertine di Vogue, il cui corpo e volto vengono cannibalizzati dalla pubblicità dell'epoca, diventa prima apprendista poi amica, compagna, amante e sodale di Man Ray, il campione del Surrealismo (eccolo qui, in una foto scattata da lei).
Man Ray, Autoritratto , 1931 (1982) Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano
© Man Ray 2015 Trust / ADAGP - SIAE - 2022
LA LIASON AMOUREUSE DI UNA VITA INTERA
Del rapporto tra Lee Miller e Man Ray - sbocciato nella Parigi del '29, durato tre anni ma poi, in fondo, una vita intera - parla una imperdibile mostra che ha appena aperto a Venezia, a Palazzo Franchetti, pochi passi appena dal ponte dell'Accademia. Qui, nei saloni riccamente decorati che si affacciano sul Canal Grande, la liaison amoureuse di questa straordinaria coppia del Novecento è raccontata attraverso 140 fotografie, alcuni oggetti d'arte e dei video provenienti dal Lee Miller Archivers, gelosamente custodito dall'unico figlio della fotografa, Anthony Penrose, e pezzi dalla Fondazione Marconi. Alcune di queste foto, di certo quella in apertura dell'articolo, le avete viste in giro chissà quante volte: ebbene, Lee Miller Man Ray Fashion Love War (fino al 10 aprile) ci racconta finalmente come questi scatti sono nati e quale è stato il contributo di Lee Miller alla loro realizzazione.
Man Ray, Lee Miller, 1930 Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano Man Ray 2015 Trust / ADAGP - SIAE - 2022;
Troppo a lungo relegata a mera discepola e poi musa di Man Ray, Lee Miller fu invece una sua pari, dotata di pari se non maggiore, ingegno. «Raccontiamo la storia da un'altra prospettiva» spiega Victoria Noel-Johnson, curatrice della mostra, prodotta da CMS Cultura con ACP Palazzo Franchetti, uno dei titoli di punta di questa stagione autunnale veneziana. Ed è la prospettiva giusta per rimettere a posto le cose, dopo anni, per riequilibrare la situazione in questa coppia (prima anche sentimentale, poi solo professionale): per troppo tempo la fama di Man Ray ha oscurato il talento di Lee Miller, troppo a lungo molti lavori realizzati a quattro mani (come il bacio che vedete qui di seguito) sono stati firmati solo da lui (si usava così, all'epoca) e solo oggi, grazie a lettere e documenti, possiamo capire che di eccezionale Lee Miller non aveva solo la bellezza, ma anche il talento. Altro che musa, fu una vera e propria pioniera del Surrealismo in fotografia, innovativa nella sperimentazione e persino intrepida nell'immortalare soggetti scomodi.
LEE MILLER AVEVA APPRESO DAL PADRE, APPASSIONATO DI FOTO, LA PASSIONE PER L'OBBIETTIVO: SCATTA FIN DA RAGAZZINA, CONTINUA A FARLO ANCHE DA MODELLA. IL SUO MOTTO È: «PREFERISCO FARE UNA FOTO CHE ESSERE UNA FOTO».
Man Ray, Le baiser (Lee Miller), 1930 (c.1980), Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano © Man Ray 2015 Trust / ADAGP - SIAE - 2022;
DA NEW YORK A PARIGI, DALL'EUROPA ALL'EGITTO, SEMPRE CONTROCORRENTE
Per questo, nonostante la fama, decide di abbandonare New York e andare in Europa: viaggia molto (Italia inclusa) poi approda a Parigi dove va diretta allo studio di Man Ray - già famoso nella Ville Lumiere - per chiedere di diventare la sua assistente. L'uomo è riluttante: artista richiestissimo, non vuole perdere tempo. Lee Miller insiste, Man Ray cede. Hanno 17 anni di differenza e in poco tempo il sodalizio professionale diventa anche amoroso, per tre intensi (e indimenticabili) anni. Sono quelli delle sperimentazioni, come la tecnica della solarizzazione: le foto dell'una e dell'altro appaiono indistinguibili, spesso le firme vengono confuse (e quasi sempre a vantaggio di Man Ray). Tutti, ma proprio tutti, i grandi intellettuali dell'epoca vengono ritratti nello studio di Man Ray: sono amici della coppia Pablo Picasso, Max Ernst, Salvador Dali, Giorgio de Chirico, Jean Costeau. Il corpo di Lee Miller viene vivisezionato davanti alla macchina fotografica: in mostra a Venezia ci sono moltissimi suggestivi scatti del suo corpo, delle spalle, della nuca. È lei stessa a creare "nature morte surrealiste" con parti del suo fisico (ma va detto che Man Ray, dopo un litigio, immagina il suo collo sgozzato in una fotografia…).
La relazione intanto procede per alti e bassi: Man Ray è quasi ossessionato dall'energia fisica e creativa di quella donna che pare capace di qualsiasi cosa e non stupisce che Hollywood stia confezionando per il prossimo anno un film sull'artista, con Kate Winslet nel ruolo della protagonista.
La relazione si interrompe: nel 1932 Lee Miller torna a casa, a New York, dove apre il primo studio fotografico fondato e diretto da una donna. Man Ray è devastato, cita gli occhi di Lee in molte sue opere. Finisce tutto così? Non esattamente. Una vita intensissima attende la donna di cui, sala dopo sala, impariamo a conoscere il poliedrico carattere: dopo qualche anno sposa un uomo d'affari egiziano, il matrimonio dura poco ma ci regala, oggi, degli scatti meravigliosi di quella terra.
Immagini come questa, modernissima.
Lee Miller, Portrait of Space, Al Bulwayeb, Near Siwa, Egypt 1937, (E1905) © Lee Miller Archives England 2022. All Rights Reserved. www.leemiller.co.uk
UN NUOVO AMORE (E UNA SORTA DI TRIANGOLO)
Lee Miller svolta ancora: conosce Roland Penrose, si trasferisce a Londra, dove lavora per l'edizione inglese di Vogue confezionando servizi originali, decisamente surreali, dove fashion e arte si compenetrano (e torna lo stile "alla Man Ray"). Chissà, forse tutto sarebbe continuato così, ma arriva la guerra e Lee Miller, indomita, si trasforma in capacissima reporter: le sale di Palazzo Franchetti dedicate alle sue "visioni" (come quelle delle impiegate di Vogue con i collant fatti arrivare apposta da New York che passeggiano in una Londra distrutta) sono da brividi. Lee Miller immortala lo sbarco alleato nei pressi di Saint Malo, entra nei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau, la sua fotografia ricerca una nuova verità. Tra i suoi scatti più noti, dopo la Liberazione, quello realizzato nella vasca da bagno di Hitler: la banalità del male, potrebbe esserne la didascalia.
Lee Miller, Fire Masks, 21 Downshire Hill, London, England , 1941 (3840-8)© Lee Miller Archives England 2022. All Rights Reserved.www.leemiller.co.uk
Dopo la guerra, Lee Miller rivede i suoi vecchi amici parigini, incluso Man Ray: nella tenuta di famiglia, nella campagna inglese, la donna vive con Penrose ma soffre di depressione. Dove se n'è andata tutta la sua energia, la vitalità, la voglia di fare (la bellezza, quella, resta sino alla fine)? Il disturbo post-traumatico da stress corrode l'anima della fotografa: oggi il figlio Anthony ricorda delle lettere che anche Man Ray - poi diventato amico del marito Roland, il loro divenne infatti «un triangolo creativo di intelligenze» - continuava a scriverle, per incoraggiarla alla vita. Lee Miller muore nel 1977, Man Ray un anno prima: di loro resta una dolcissima, ultima fotografia, scattata quando sono entrambi ormai anziani, che sugella con malinconica tenerezza il percorso della mostra a Venezia. Una mostra, peraltro, infarcita di coincidenze e corrispondenze. Si deve infatti a Suzanna, moglie defunta di Anthony Penrose, il ritrovamento casuale, in un baule della soffitta della tenuta di famiglia di oltre 60mila scatti tra foto, negativi e documenti che Lee Miller aveva voluto conservare ma non più mostrare. Ed è grazie a quel ritrovamento, che questa storia può essere oggi mostrata, raccontata e mai più dimenticata.